Per gli inquirenti l’ex senatore aveva cercato insieme ad altri di ottenere la reiscrizione alla White List della Bianchini Costruzioni srl, impresa edile di San Felice sul Panaro. Il titolare della ditta, in primo grado, è stato condannato a 9 anni
La notizia degli avvisi di garanzia al senatore Carlo Giovanardi, al capo di gabinetto della prefettura di Modena Mario Ventura, al funzionario dell’Agenzia delle Dogane Giuseppe Marco De Stavola, e a tre membri della famiglia Bianchini rinviati a giudizio in Aemilia, piombò nell’aula bunker del processo nell’aprile 2018. Secondo la Dda di Bologna avevano cercato tutti assieme nel 2014, con mezzi illeciti, di ottenere la reiscrizione alla White List della Bianchini Costruzioni srl, impresa edile di San Felice sul Panaro colpita da interdittiva antimafia del prefetto nel giugno 2013. La successiva richiesta di rinvio a giudizio (che riguarda complessivamente 12 persone) è datata 7 giugno 2018 e porta le firma dei pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi. L’accusa principale è di minacce a corpo politico, amministrativo e giudiziario dello Stato e di rivelazione di segreti d’ufficio, con le aggravanti dell’abuso di potere, del metodo mafioso e della continuità nel reato.
La posizione di Giovanardi era sospesa
La richiesta al gip di Bologna Alberto Ziroldi escludeva espressamente l’ex senatore Carlo Giovanardi, allora esponente del Nuovo Centrodestra, la cui posizione era processualmente sospesa in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale arrivato oggi, sull’utilizzabilità dei tabulati telefonici riferiti a conversazioni di cui era protagonista il parlamentare. Ma è proprio l’ex ministro del governo Berlusconi, secondo le indagini della Procura Antimafia, il perno politico su cui ruotava il tentativo degli imprenditori edili Bianchini (Augusto, la moglie Bruna Braga e il figlio Alessandro) di restare nel mercato degli appalti pubblici post terremoto, nonostante le accertate relazioni con esponenti della famiglia di ‘ndrangheta Grande Aracri per false fatturazioni e prestazioni di mano d’opera.
Il muro da incrinare era rappresentato dal GIRER, il Gruppo Interforze costituito all’indomani delle violente scosse del 2012 in Pianura Padana. Aveva l’obbiettivo di contrastare la criminalità organizzata nei suoi prevedibili tentativi di assalto agli appalti della ricostruzione e ne facevano parte esperti della Direzione antimafia, di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza. Fu il GIRER a spingere il prefetto di Modena Benedetto Basile a firmare l’interdittiva contro la Bianchini Costruzioni srl e ad esprime parere contrario, quando l’impresa finì in liquidazione, all’ammissione alla White List della neonata ditta individuale IOS del figlio di Augusto, Alessandro Bianchini, ritenendola in continuità con la precedente. Fu contro il GIRER, in particolare contro il suo pilastro ritenuto più ostico, i Carabinieri, che secondo le indagini della Direzione Antimafia si scagliò Giovanardi.
La Dda di Bologna: “Pretendeva cambio di posizione” su interdittiva
Dice la richiesta di rinvio a giudizio che il 17 ottobre del 2014 il senatore chiese ed ottenne un incontro in un locale pubblico con il colonnello Stefano Savo, Comandante Provinciale, e con il tenente colonnello Domenico Cristaldi, Comandante del Reparto Operativo, “nel corso del quale apertamente minacciava i due ufficiali e ne offendeva il decoro” chiedendo i motivi della loro posizione contro i Bianchini e “chiaramente pretendendo un cambio della predetta posizione”. I due non furono gli unici né i primi a subire le sue ire: è lo stesso Giovanardi a raccontare ad Augusto e Alessandro Bianchini (che ha la singolare abitudine di riprendere di nascosto le conversazioni, alcune delle quali proposte nell’aula di Aemilia) di avere parlato con il prefetto e il questore, definendo il colloquio “una rissa”. Giovanardi non sa di essere ripreso e richiama le proprie frasi più ad effetto: “Gli ho detto: à la guerre comme à la guerre. Io su questa roba faccio tutta una interrogazione con tutti i passaggi, eh? Con Bianchini… io se fossi in lui… verrei qua con la rivoltella e vi ammazzo tutti… vi rendete conto che state facendo delle robe… folli!… folli!!”
Le interpellanze e i colloqui con gli ufficiali dell’Arma
L’attività di Giovanardi a sostegno dei Bianchini è intensa. Il senatore presenta due interpellanze parlamentari, la prima il 22 luglio 2014 e la seconda il 21 ottobre. Conosce in anticipo movimenti e provvedimenti delle Forze dell’ordine grazie al lavoro del capo di Gabinetto della Prefettura e del funzionario dell’Agenzia delle Dogane. Partecipa con i Bianchini a una conferenza stampa che attacca il ricorso alle interdittive e contatta più volte le più alte autorità delle Forze di Polizia, pur senza titoli o mandato. Degenerando secondo la Direzione Distrettuale Antimafia in “pressioni e minacce anche esplicite nei confronti dei singoli componenti del Gruppo Interforze”, in “pressioni e dirette minacce al Prefetto pro-tempore di Modena Michele Di Bari, aggredendolo verbalmente”, e nelle “minacce dirette e gravi ai due Ufficiali Superiori dell’Arma dei Carabinieri”. Dice il Colonnello Stefano Savo richiamando il colloquio voluto da Giovanardi: “Il senatore ha detto espressamente che qualcuno avrebbe dovuto rispondere dei danni derivanti da questi interventi, facendo il parallelo con il tema della responsabilità dei magistrati e dicendo che era sua intenzione fare degli esposti alla magistratura. Ho avuto la percezione che potesse riferirsi direttamente anche alla mia persona”. Aggiunge il Tenente colonnello Domenico Cristaldi: “Il senatore, in una sorta di crescendo, ha detto espressamente di sapere che era l’Arma ad essersi pronunciata in modo negativo in sede del Gruppo Interforze”.
“La conversazione kafkiana e il muro”
Giovanardi nel suo ufficio il 18 ottobre lo racconta ai Bianchini che riprendono di nascosto anche questo incontro. Ha capito parlando con il Questore, con il Prefetto e con il Comandante del Girer, che non sono loro a porre ostacoli: “Sono i Carabinieri, si capisce benissimo! E con loro ho avuto un’ora e mezzo di discussione kafkiana, perché… è come parlare con il muro”. Più morbido del muro dell’Arma sembra invece essere il nuovo prefetto Michele Di Bari, che accetta di riconvocare il Gruppo Interforze ben otto volte tra l’agosto 2014 e il gennaio 2015, pur senza elementi di novità, per valutare la riammissione dei Bianchini alla White List. Ma il muro resiste alle bordate di Giovanardi e il 28 gennaio 2015 arrivano i 117 arresti richiesti dalla Dda nell’ambito della operazione Aemilia che portano in galera, provvisoriamente, anche Augusto Bianchini, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. La moglie e il figlio finiscono agli arresti domiciliari. La battaglia di Carlo Giovanardi può concludersi lì. Per la cronaca Augusto Bianchini nel primo grado di Aemilia (rito ordinario) è stato condannato il 31 ottobre 2018 a 9 anni e 10 mesi di carcere, la moglie Bruna Braga a 4 anni, il figlio Alessandro a 3 anni. Paolo Bonacini, ilfattoquotidiano.it