L’investimento ordinato dal boss in carcere. Sigilli al capannone della ditta fallita comprato all’asta dal clan catanese Scalisi. 26 indagati tra la Sicilia, la Lombardia e il Veneto
L’ombra della mafia siciliana in provincia di Mantova, un territorio nel quale secondo la Piovra si può investire e fare profitti magari cogliendo le occasioni che offre il mercato (quello legale). Secondo la Direzione distrettuale antimafia di Catania un capannone di Redondesco che fino a febbraio 2019 era la sede la Ghisi srl, azienda che commerciava prodotti petroliferi, era stato acquisito dal clan Scalisi. Per questo ieri l’immobile di via Croce 15 è stato sequestrato nell’ambito dell’operazione “Follow the money” che ha portato all’esecuzione di misure cautelari per ventisei indagati tra Sicilia, Lombardia e Veneto e alla confisca di beni per oltre 50 milioni di euro.
INVESTIMENTI AL NORD
La tesi della procura è che gli Scalisi di Adrano (Catania) erano stati capaci di inserirsi nel tessuto economico-sociale e nelle strutture produttive del nord Italia, da cui poi «traevano finanziamento». Secondo gli inquirenti il boss del clan, Giuseppe Scarvaglieri, nonostante fosse detenuto al 41 bis, avrebbe continuato a rappresentare il «punto di riferimento» degli Scalisi, articolazione ad Adrano della storica famiglia mafiosa catanese dei Laudani.
ORDINI DAL CARCERE
Scarvaglieri, grazie ai colloqui in carcere con i parenti, avrebbe diretto l’attività del clan «grazie soprattutto – ricostruiscono i magistrati catanesi – al nipote Salvatore Calcagno al quale è stato riconosciuto un ruolo di assoluto rilievo nell’ambito del sodalizio quale portavoce dello zio sul territorio e supervisore dei suoi investimenti».
CAPANNONE ALL’ASTA
E uno di questi investimenti, grazie a persone vicine ai clan, probabilmente dei semplici prestanome, era stato avviato a Redondesco. La sede della ex Ghisi srl era stata acquisita a un ottimo prezzo a seguito di regolare partecipazione all’asta giudiziaria.
ATTIVITÀ MAI RIPARTITA
Quale sarebbe dovuta essere la nuova destinazione d’uso del capannone non è stato chiarito dagli inquirenti, di certo c’è che il blitz di ieri ha stroncato sul nascere la nuova attività, di fatto mai avviata dagli uomini del clan.
I SIGILLI
È altrettanto certo, però, che in via Croce qualcosa si stava muovendo: nelle ultime settimane i passanti hanno visto più volte persone all’interno dell’area dell’ex Ghisi srl e in paese in molti erano convinti che lo stabilimento fosse sul punto di tornare ad ospitare gli operai. Tutto questo fino a ieri quando gli agenti della guardia di finanza hanno messo i sigilli al capannone. Vincenzo Corrado, La Gazzetta di Mantova