Roma, le restrizioni nei viaggi a causa della pandemia non hanno fermato l’arrivo in Italia del vertice operativo di Interpol per una tre giorni tra Roma, Catanzaro e Reggio Calabria che si conclude oggi con il rientro a Lione: era strategico fare il punto operativo del Progetto I – CAN (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta), promosso dalla Direzione centrale della polizia criminale, guidata dal Prefetto Vittorio Rizzi, insieme ad Interpol, che coinvolge Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza e le forze di polizia di altri 10 Paesi del mondo (Argentina, Australia, Brasile, Canada, Colombia, Francia, Germania, Svizzera, Uruguay, USA).
La ‘ndrangheta è una minaccia globale: rappresenta, infatti, la più potente organizzazione criminale al mondo, presente in 32 Paesi di cui 17 in Europa, ma pochi ne conoscono la pericolosità fuori dall’Italia. In Europa molti ancora la considerano soltanto un fenomeno folcloristico italiano, mentre in altri continenti nessuno ha mai sentito parlare della ‘ndrangheta, che pur opera in quei territori con affari milionari.
Si tratta di un brand internazionale, sia nella diffusione della sua forza militare che nella sua capacità di infiltrazione criminale nell’economia legale, basti pensare che le catture nell’ultimo mese di marzo dei latitanti di ‘ndrangheta sono avvenute tutte all’estero; in Spagna Giuseppe Romeo, in Repubblica Dominicana Marc Feren Claude BIART ed in Portogallo Francesco Pelle detto “Pakistan”.
L’obiettivo del progetto I CAN, iniziato poco meno di un anno fa, è stato quello di creare subito delle squadre specializzate in ciascuno dei Paesi aderenti che conoscessero la ‘ndrangheta e fossero consapevoli di come replica il suo linguaggio criminale nel mondo, mantenendo la struttura verticistica e la base operativa in Calabria.
Questa scelta è stata vincente se è vero che dal maggio dell’anno scorso ad oggi, in 10 mesi sono stati arrestati 12 latitanti di ‘ndrangheta (un quarto del red notice Interpol, che segnalano a livello mondiale i soggetti da arrestare, appena rintracciati): 3 in Argentina, 2 in Albania, 1 in Svizzera, 1 in Costa Rica, 2 in Spagna, 1 in Canada, 1 in Repubblica Domenicana, 1 in Portogallo. Sono stati sequestrati patrimoni per circa 145 milioni di euro e confische per 75 milioni di euro in tutto il mondo.
Risultati che testimoniano l’esistenza di un rapido scambio di informazioni e di un’efficace risposta operativa resa possibile dal clima di fiducia che si è instaurato tra le forze di polizia dei vari Paesi (trust is the answer, è stato più volte ripetuto).
La delegazione Interpol, guidata da Stephen Kavanagh, Executive Director Police Services di Interpol – che è il vice del Segretario Generale di Interpol Jurgen Stock –ha incontrato a Catanzaro il Procuratore Nicola Gratteri e a Reggio Calabria il Procuratore Giovanni Bombardieri, a capo delle rispettive Procure delle Direzioni Distrettuali Antimafia: entrambi hanno sottolineato che l’importanza della cooperazione internazionale di polizia e del coinvolgimento delle forze di polizia straniere perché siano in grado di intercettare sul nascere i primi segni dell’inquinamento mafioso dell’economia.
A tal fine sono state inviate ai dodici Paesi aderenti al Progetto I Can un decalogo di domande per monitorare la presenza della ‘ndrangheta nel tessuto di quelle economie (nella logistica, nell’import-export, nella filiera agro-alimentare, nelle attività aeroportuali, ecc.). L’obiettivo è quello di tracciare la presenza della ‘ndrangheta a livello transnazionale per contrastare la minaccia e gli ulteriori rischi di infiltrazione nell’economia post pandemia.
Il motore del progetto sono state finora le indagini italiane: il prossimo step è rappresentato dalla forza propulsiva dell’attività delle forze di polizia straniere che aderiscono ad I-CAN perché, grazie ad una nuova consapevolezza della minaccia, diventino dei moltiplicatori dell’azione di contrasto delle forze di polizia italiane a tutela della sicurezza dei cittadini e dell’economia a livello mondiale. Vincenzo Sangalli, LaMilano