Un lungo esame, durato circa cinque ore. L’ex dirigente della squadra mobile di Brescia, Alfonso Iadevaia, è stato il primo testimone ad essere sentito nel dibattimento scaturito dalla maxi indagine antimafia “Leonessa”. I pm della Dda lombarda sono certi che la stidda gelese avesse messo radici nella zona di Brescia, sfruttando soprattutto i profitti delle compensazioni fiscali illecite. Il poliziotto è stato sentito davanti al collegio penale del tribunale bresciano, presieduto dal giudice Maria Chiara Minazzato. Coordinava la mobile che svolse l’indagine, parallela all’inchiesta “Stella cadente”, portata avanti invece dai pm dell’antimafia di Caltanissetta. …. Per gli inquirenti, il nodo strategico della presunta organizzazione criminale passava dalle scelte del consulente Rosario Marchese e ancora di Angelo Fiorisi e Roberto Raniolo. Sarebbero stati loro ad esportare nella zona di Brescia gli interessi della stidda, usando anche i sistemi tipici delle imposizioni mafiose. In base alle indagini, la rete dei gelesi sarebbe riuscita ad attivare importanti contatti, nel settore imprenditoriale ed economico, con tante aziende che avrebbero poi usufruito delle compensazioni illecite, elargendo laute consulenze a Marchese e ai suoi più stretti collaboratori. Per gli inquirenti, sarebbe stato proprio questo il “sistema Marchese”, fondamentale per alimentare economicamente il gruppo degli stiddari. … A fine mese, sempre davanti ai giudici bresciani, verranno sentiti i finanzieri che analizzarono le carte delle operazioni di Marchese, individuando quello che ritennero un sistema illecito, ormai capillare nel tessuto economico di quella zona. Rosario Cauchi, Quotidiano di Gela,