«Tanto c’è zia IVA… ». Così commentava a telefono con la madre, uno degli arrestati, il costo elevato con cui pagava il noleggio dello yacht pari a 15 mila euro al giorno. Non più soltanto usura, estorsioni e narcotraffico. Il clan Casamonica sta cambiando pelle e lo sta facendo affinando sempre di più le attività criminali, scegliendo quelle meno rishiose e più remunerative avvicinandosi sempre di più alla malavita dei colletti bianchi. I tentatacoli della famiglia Sinti più temuta e pericolosa d’ Italia, che agisce con metodologie mafiose inquinando la sfera economica legale, si estendono anche nel settore dei prodotti energetici e petroliferi, commettendo maxi frodi fiscali e reati tributari dove trovano impiego le cosiddette teste di legno, utilizzate per ricoprire incarichi amministrativi in società cartiere. Tredici le persone finite in manette al termine di un’ indagine coordinata dalla procura della Repubblica di Pavia, svolta dalla guardia di finanza nel ambito della repressione dei reati e delle frodi comunitarie messe in atto con un sistema di truffe carosello i cui proventi vengono riciclati all’ estero. In manette sono finiti Nicandro Di Guglielmi alias Romeo Casamonica e Vincenzo Lamusta detto “semidio” o “Gesù” e Stanislao De Biase detto “Stefano”, personaggio vicino al clan camorristico dei Polverino.
L’ indagine ha la sua genesi nel gennaio 2019, quando i finanzieri del colonnello Luigi Macchia del nucleo di polizia economico finanziaria di Pavia, sulla base di attività di intelligence e insospettiti da un notevole aumento del transito di autocisterne con targa slovena o croata dirette ad un deposito situato nel comune di Vigevano, hanno avviato un’autonoma attività d’indagine, che in poco più di un anno,anche grazie al prezioso ausilio della sezione della polizia stradale di Pavia e dell’ufficio delle dogane di Pavia, ha portato alla luce un’imponente “frode carosello” nel settore industriale fra i più a rischio, quello dei prodotti petroliferi, a danno non solo dell’erario nazionale, ma anche di tutte le imprese che operano nel pieno rispetto della legge e in applicazione delle regole di libera e leale concorrenza di mercato. Gli artefici della frode, infatti, acquistavanoil prodotto, tramite delle c.d. società “cartiere” riconducibili alla “Tecno Petrol Srl”, da operatori aventi sede in Repubblica Ceca, Cipro, Croazia,Romania e Slovenia poi, grazie ad un giro di fatture false complessivamente quantificato in oltre 400 milioni di euro, riuscivano a rivenderlo a diversi clienti sparsi sul territorio nazionale o a metterlo in consumo attraverso distributori stradali da loro gestiti in Piemonte, Veneto e Lombardia a prezzi molto più convenienti rispetto a quelli di mercato.
Facile intuire i danni provocati da questo sodalizio criminale agli operatori del settore i cui distributori insistevano in zone limitrofe a quelle doveveniva venduto il prodotto di questa organizzazione. I rilevanti introiti, poi, attraverso la falsificazione dei bilanci delle società (agli arresti domiciliari è finito anche un commercialista pavese T.G. 54 anni) e il mancato versamento delle imposte daparte delle società appositamente costituite per organizzare la frode, venivano riciclati attraverso il reimpiego degli stessi per attività illecite quali il pagamento in nero di stipendi o provvigioni oppure venivano utilizzati per l’acquisto di beni di lusso quali orologidel valore di anche 100.000 euro, automobili quali Porsche, Ferrari e Lamborghini e vacanze a bordo di yacht da15.000 euro al giorno. Leggo.it