Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro, ospite nella trasmissione televisiva DiMartedì su La7 dice al conduttore Giovanni Floris: «La ‘ndrangheta è l’unica mafia presente in tutti i continenti». Oltre che in tutta Italia. Aggiunge il magistrato: «Non sono più gli ‘ndranghetisti ad andare dai politici, ma viceversa».
E’ quello che è accaduto in Valle d’Aosta. E lo stesso Gratteri ha messo da anni in guardia la più piccola (e ricca) regione italiana. Inascoltato. Non è un caso se Rosy Bindi, già presidente della commissione parlamentare antimafia ha coniato un termine eloquente di quanto avviene in Valle d’Aosta: «La pax valdôtaine».
Le due più recenti inchieste, una della direzione distrettuale antimafia, Geenna, l’altra dei carabinieri di Aosta, Egomnia, sulla presenza organizzata della ‘ndrangheta in Valle e su collusioni e voto di scambio tra criminalità mafiosa e politici rivelano ciò che è stato indicibile finora. E cioè che l’infiltrazione della ‘ndrangheta è così diffusa da non aver necessità di ricorrere ad alcun reato se non alla presenza di un locale in grado di condizionare economia e soprattutto politica.
Geenna fa riferimento alle elezioni comunali del 2015, Egomnia fa riferimento alle elezioni del 2018, sia politiche sia regionali. La preoccupazione mostrata dagli inquirenti è evidente: nessuna necessità di ricorrere ad estorsioni, minacce, atti intimidatori, nessun esborso di denaro, né acquisto, né vendita di voti. Ecco la «pax valdôtaine», tutto avviene attraverso incontri, spesso nel ristorante-pizzeria La Rotonda di Antonio Raso (fra gli arrestati dell’operazione Geenna). E quel «sai che lì passano tutti, eh!», che è una delle frasi dell’ex presidente della Regione Antonio Fosson intercettate dagli inquirenti, indica la normalità di ricorrere a Raso, come collettore di richieste di voti e stratega del consenso nella comunità calabrese.
Ancora una volta viene in mente ciò che dice Gratteri rispetto all’esigenza della politica di «ricorrere all’aiuto della ‘ndrangheta nell’imminenza del voto». Le infiltrazioni hanno una radice lontana nel tempo, inchieste passate, come quella definita Lenzuolo per un rito visto dagli inquirenti in un locale aostano, una sorta di affiliazione intorno a un lenzuolo steso in terra. Proprio quelle indagini evidenziarono che la strategia dell’allora capobastone Santo Pansera aveva già saltato una qualsiasi fase violenta.
A un interlocutore rimasto sconosciuto diceva: «Ad Aosta possiamo fare i deficienti sotto agli altri… Ma come 2.500 miliardi (in lire) di bilancio, ma te li vuoi pigliare mille e te li gestisci…». Scegliere i politici da eleggere per far parte delle scelte sul bilancio della Regione.
E c’è perfino un legame, come attestato nell’inchiesta Egomnia, tra elezioni politiche e regionali 2018 con le comunali del 2020. Un’intesa per consentire all’ex assessore del Comune di Saint-Pierre Monica Carcea di raggiungere la poltrona da sindaco nel 2020. Un quarto di pagina 33 della relazione dei carabinieri nell’ambito di Egomnia, l’intera pagina 34 e ancora qualche riga della 35 sono bianche e sbarrate da un tratto di penna diagonale che regge la scritta «Omissis». E’ il capitolo che tratta le elezioni politiche del 4 marzo 2018. E quegli omissis (conversazioni intercettate) riguardano dialoghi su quello che sarà poi eletto senatore, il medico Albert Lanièce (unionista). Non è indagato, né ci sono richieste in tal senso al Senato da parte dell’autorità giudiziaria, ma è oggetto di attenzione dei capi bastone proprio in vista delle elezioni comunali del 2020.
Gli omissis cominciano nella pagina in cui viene trascritta una conversazione tra Raso e Carcea del primo marzo, tre giorni prima delle elezioni politiche. Scrivono i carabinieri: «Raso e Carcea tornano a sentirsi telefonicamente e parlano ancora una volta delle elezioni politiche. In sostanza i due parlano di un uomo che definiscono “il dottore” che la Carcea ha conosciuto il sabato precedente, il 24 febbraio a Saint-Nicolas nel corso di un incontro informale avvenuto all’interno di un bar. Dalla telefonata emergono altri indizi utili ad identificare lo sconosciuto, infatti si comprende oltre al titolo di studio, anche il fatto che è valdostano (in quanto parla e comprende il patois) e che si sta candidando nelle elezioni politiche del 4 marzo».
Né Carcea, né Raso fanno nomi, chiamano la persona «il dottore» e la donna ne tesse un elogio: «Un gentleman». Aggiunge anche: “Mi ha detto che ti conosce e che è molto contento che siamo amici». Raso le annuncia che quel pomeriggio lo incontrerà e lei risponde: «…Digli che lo stiamo portando… da matti!». Ancora: “Digli pure che siamo andati anche oltre Aosta, Fénis, Aymavilles».Enrico Martinet, La Stampa.it