È l’alba del 4 febbraio del 1995 quando Pietro Sanua muore ucciso da un colpo di pistola poco prima di allestire la sua bancherella di frutta e verdura al mercato di Corsico. Le indagini, dopo appena sei mesi, allora si erano concluse con l’archiviazione. A distanza di 26 anni la Procura è tornata a indagare sulla morte di Sanua, riconosciuto nel 2010 come vittima di ‘ndrangheta. Per il figlio Lorenzo “tanti colleghi sanno ma nessuno parla per paura”.
C’è una vittima di ‘ndrangheta in Lombardia che attende ancora giustizia. Il suo nome è Pietro Sanua, ucciso a Corsico, alle porte di Milano, il 4 febbraio del 1995: da allora mancano ancora sia i nomi dei mandanti che degli esecutori materiali. Eppure basta ripercorre la sua vita e il suo impegno sociale per dare dalle risposte alle tante domande rimaste ancora in sospeso: Pietro Sanua era un fruttivendolo, presidente provinciale milanese dell’Associazione Nazionale Venditori Ambulanti (Anva) e fondatore dell’associazione “Sos impresa” a Milano. In Lombardia erano gli anni di Tangentopoli, delle organizzazioni criminali che iniziavano a trovare spazio in un sistema malato e dei boss di mafia mandati al “confino” al Nord. “Mio padre è stato vittima di quel sistema intrecciato tra criminalità organizzata, politica e imprenditoria”, racconta il figlio Lorenzo Sanua Fanpage.it 26 anni dopo la morte del padre.
Freddato la mattina del 4 febbraio del 1995 da un killer ancora sconosciuto
È l’alba del 4 febbraio del 1995. Pietro Sanua, insieme al figlio Lorenzo, allora 21enne, è diretto al mercato di Corsico per allestire la bancarella, come facevano ogni sabato mattina. A pochi metri dal mercato una Fiat Punto marrone targata Genova attira l’attenzione di padre e figlio: il mezzo viaggia a 500 metri davanti a loro quando ha fatto un’inversione azzardata. Tanto che Pietro commenta così la scena al figlio: “Guarda che manovra che fa in una strada così”. Quello che successe dopo è questione di pochi secondi: dalla Fiat Punto spunta una lupara che spara due colpi e Pietro cade tra le braccia del figlio mentre il furgone va a sbattere contro un’altra auto. I tempestivi soccorsi non riuscono a salvare la vita all’uomo, morto poco dopo in ospedale. “Qualche giorno dopo si aprirono le indagini, archiviate però l’agosto successivo l’omicidio”, tiene a precisare fin da subito Lorenzo. E da allora la lista degli indagati è ancora un foglio bianco.
Pietro Sanua aveva scoperto i sorteggi pilotati per gli ambulanti
Una cosa è certa: Pietro Sanua “dava fastidio” e per questo c’è chi ha preferito zittirlo. “Per trovare l’omicida di mio padre le indagini si devono concentrare su tre filoni. Le risposte sono tutte lì”. Per Lorenzo le indagini non possono non prendere in considerazione quanto succedeva tra le mura del Comune, dove venivano sorteggiati gli spazi pubblici poi assegnati agli ambulanti: “Mio padre, che era presidente provinciale di Milano dell’Associazione nazionale venditori ambulanti affiliata a Confesercenti, aveva capito che i sorteggi erano pilotati. Soprattutto per quanto riguarda le posizioni davanti al cimitero: se un venditore di fiori si aggiudicava quegli spazi poteva assicurarsi un ottimo guadagno”. Pietro lo aveva capito e, da uomo corretto, non era stato in silenzio. Anzi, per dare voce agli imprenditori onesti aveva dato vita alla sezione milanese di “Sos Impresa”, l’associazione nata nel 1991 a Palermo all’indomani dell’omicidio di Libero Grassi.
Pietro Sanua aveva scoperto il traffico di stupefacenti all’interno dell’Ortomercato
Lo stesso aveva fatto con l’Ortomercato di Milano: “Qui all’inizio degli anni ’90 – continua Lorenzo – era il teatro anche di crocevia della droga. Lo sapevano tutti, ma nessuno ha mai parlato. Eppure non si poteva non notare quello che succedeva”. Bisogna attendere il 2007 quando la Direzione distrettuale antimafia del capoluogo lombardo svela il controllo dalla ‘ndrangheta sull’Ortomercato: a mettere le mani su uno dei traffici più importanti nel milanese erano le cosche Morabito-Palamara-Bruzzaniti e successivamente poi quella dei Piromalli. Eppure Sanua aveva già capito tutto molti anni prima.
Lo scontro in strada con la famiglia di ‘ndrangheta
Ma le recenti indagini sull’omicidio, riaperte negli ultimi mesi, si sono concentrate sul territorio di Buccinasco e Corsico, roccaforti della ‘ndrangheta già nei primi anni ’90. “L’anno prima delle sua morte mio padre ha avuto un diverbio in pubblico con alcuni componenti appartenenti alla famiglia di ‘ndrangheta dei Morabito. Legati in qualche modo alla famiglia dei Sergi e dei Papalia, storica presenza di ‘ndrangheta nel Sud di Milano”, spiega Lorenzo. E poi aggiunge: “Al centro della gestione c’era sempre la gestione dello spazio dei venditori di fiori. La discussione in strada, per i boss, era stata una sfida al potere della ‘ndrangheta. E così lo hanno ucciso”. Dal 2010 Pietro Sanua rientra nell’elenco delle vittime di mafia, quello che ogni 21 marzo, all’appuntamento annuale di Libera, cittadini, personaggi delle istituzioni e delle forze dell’ordine leggono ad alta voce.
C’è chi sa ma non parla per paura
Ad oggi le indagini preliminari sulla morte di Pietro Sanua rischiano la seconda archiviazione: a breve scade infatti la proroga dei 2 anni dopo la riapertura sul caso. Eppure per Lorenzo tanti sono quelli che sanno ma che ancora tacciono: “Alcuni colleghi di mio padre conoscono la verità. Ma in paese fanno finta di non ricordare per paura. In Lombardia si sceglie ancora troppo spesso il silenzio”, conclude Lorenzo. Giorgia Venturini, fanpage.it