Sono gli stretti rapporti tra la mafia calabrese e il mondo economico-imprenditoriale bresciano ad aver portato alla maxi inchiesta della Dda di Reggio Calabria sul clan Bellocco, tra i più potenti della ‘Ndrangheta. La procura distrettuale antimafia di Brescia ha iscritto nel registro degli indagati in un’inchiesta parallela, 27 persone, tra imprenditori e consulenti, accusate di aver agevolato il clan mafioso.
Sono 27 le persone, tra imprenditori, prestanome e consulenti economici, che la procura distrettuale antimafia di Brescia ha iscritto nel registro degli indagati nell’ambito di un’inchiesta parallela a quella di Reggio Calabria che nelle scorse settimane aveva portato all’arresto di 40 persone legate al clan Bellocco, tra Calabria, Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna. Agli indagati, tutti residenti tra Brescia e Mantova, viene contestata l’aggravante mafiosa “per aver favorito il clan mafioso”. Alcuni dei coinvolti avrebbero avuto rapporti diretti con i componenti del clan Bellocco tra i più potenti della ‘Ndrangheta.
Le 27 persone finite sotto indagine si dividono tra chi si è messo al servizio dei Bellocco di Rosarno e chi invece ha “usufruito dei servizi mafiosi”: le accuse, a vario titolo, sono di estorsione, recupero crediti con atti di violenza ed intimidazione e reati legati al traffico di rifiuti. Nei giorni scorsi sono state disposte dalla Procura Bresciana perquisizioni domiciliari che hanno portato al sequestro di materiale ora al vaglio degli inquirenti. “I Bellocco – ha spiegato il procuratore Bombardieri – avevano da tempo individuato aree intorno a Roma, in Toscana, nella Lombardia e in Veneto per insediare loro referenti in grado non solo di introdurre nella capitale ingenti quantità di cocaina, ma di avvicinare imprenditori disposti ad operare nel settore della raccolta e del trattamento dei rifiuti solidi urbani a Rosarno”.
Secondo gli inquirenti la cosca aveva attecchito principalmente lungo il litorale romano dove c’era una sorta di delocalizzazione del clan: “I Bellocco avevano ormai internazionalizzato le loro attività criminali grazie ad una forte capacità di relazione con altre cosche di ‘ndrangheta, come i Morabito e i Mollica di Africo – ha spiegato il magistrato – con cui avevano posto solide basi nell’area platense, tra Buenos Aires e Montevideo, da dove coordinavano l’acquisto e la spedizione di quintali di cocaina verso l’Italia e l’Europa”. Chiara Ammendola, Fanpage.it