La sede in via Rubens. L’inchiesta della Guardia di Finanza e l’evasione del boss Morabito. Ramificazioni a Milano e in parte della Lombardia
L’immobiliare della ’ndrangheta aveva sede al 15 di via Rubens. «Aveva» in quanto, nell’inchiesta «Magma» contro la cosca Bellocco di Rosarno, sulla costa tirrenica in provincia di Reggio Calabria, l’«immobiliare Rosso», questo il nome, subirà molto probabilmente (decideranno i giudici) il sequestro di quote azionarie, beni mobili, conti correnti e licenze all’attività commerciale. Secondo la Procura di Reggio Calabria, che ha coordinato l’attività della Guardia di finanza in tutta Italia, con importanti ramificazioni a Milano e nel resto della Lombardia (Bergamo, Brescia e Mantova) dove hanno operato anche i carabinieri del Ros, l’immobiliare è servita a uno dei 45 arrestati, Antonio Loprete, 50 anni, per fornire una copertura «ufficiale» alle attività illecite. Attività finalizzate al traffico di droga, perché le indagini sono iniziate proprio dal sequestro di 385 chilogrammi di cocaina nel porto di Gioia Tauro. L’operazione conferma il processo di «internalizzazione» dei Bellocco specie nel Sudamerica. Del resto, per trattare la massiccia movimentazione di droga, è stata «fisiologica» la costruzione di un rapporto forte in una classica zona di ’ndrangheta, quella che sulle sponde opposte della baia di Samborombón, che ospita la foce del Rio de la Plata, vede Buenos Aires e Montevideo, città, quest’ultima, dalla quale a giugno è sparito il boss Rocco Morabito, evaso dal carcere e, secondo alcune ipotesi investigative, scappato da subito in Argentina.
Non è un caso che, in considerazione della ramificazione di contatti nelle due città, con la protezione della criminalità e la copertura di professionisti fra i quali anche giudici, poliziotti e avvocati, proprio i Bellocco potrebbero aver favorito il «ritorno in libertà» di Morabito, a oggi ancora ricercato. La destinazione finale dei carichi di droga era l’Italia con particolare «profondità» nel mercato di Roma e di Milano, dove la storia societaria dell’immobiliare «Rosso», attiva nella ristrutturazione di immobili e poi estesasi alla gestione commerciale di aree- parcheggio, ben documenta le scatole vuote aperte per schermo dai clan: aziende «necessarie» per ottenere finanziamenti dalle banche. Sotto la regia di Loprete, nel tempo è divenuto socio unico Simone Bruno Colla, 25enne pluripregiudicato per furto e ricettazione che, come documentato da fonti anagrafiche e tributarie, non risulta aver mai percepito redditi, mentre amministratore unico è stato il pregiudicato 20enne Giovanni Comandé, che ha dichiarato redditi solo nel 2016 (6.500 euro). L’immobiliare ha avuto partecipazioni in società di smaltimento rifiuti riconducibili sempre a balordi, in un’azienda di costruzioni presto dichiarata fallita e in un’altra immobiliare che non produce redditi dal 2015 . Nella lista di dipendenti dell’«immobiliare Rosso» ci sono stati sudamericani già catturati per traffico di droga. Andrea Galli, Corriere.it