Nasce l’Osservatorio ticinese sulla criminalità: inchieste, nomi e foto
La considerevole penetrazione delle mafie italiane in Svizzera, con inchieste che hanno toccato da vicino il Ticino legate anche alla provincia di Varese e di Como in questi ultimi anni, sono tra i motivi ispiratori per la creazione dell’Osservatorio ticinese sulla criminalità organizzata, O-Tico, di Lugano.
L’organismo è stato fondato in seno all’Istituto di diritto dell’Università della Svizzera Italiana.
La frontiera è permeabile, talvolta utile e non è un caso che questo Osservatorio nasca a Lugano e non a Zurigo, fatto salvo che nella svizzera tedesca il problema, per paradosso, è ancora più sentito che a sud delle Alpi, dove invece stanno nascendo «anticorpi».
Un fenomeno tanto radicato quanto discreto. La Polizia federale, alla presentazione di questo organismo, ha spiegato quanto arduo è il compito per le autorità inquirenti svizzere e l’importante ruolo dei media, visto che il fenomeno «mafie» tra l’opinione pubblica è percepito come un problema lontano dalla realtà di ogni giorno.
Il centro di competenze, sviluppato in collaborazione con Rsi, la Radiotelevisione svizzera, è attivo dal primo gennaio scorso all’interno dell’Istituto di diritto dell’Usi, diretto da Federica De Rossa. Annamaria Astrologo è la responsabile accademica dell’Osservatorio, il giornalista Francesco Lepori il responsabile operativo.
Il centro di Lugano offre dunque a studenti e ricercatori la possibilità di consultare un archivio che contempla una raccolta dagli anni Settanta degli atti giudiziari delle inchieste legate al Ticino, e dal 2010 degli atti giudiziari delle inchieste riguardanti il resto della Svizzera.
Le vicende in repertorio fino ad ora sono quasi un centinaio, per un totale di oltre 400 nomi. Ogni dossier è composto da atti giudiziari, articoli di stampa, servizi televisivi e radiofonici, fotografie e altro materiale. È disponibile sia in versione digitale, sia in forma cartacea.
Una simile banca dati consente approfondimenti scientifici sulle dimensioni e le caratteristiche del fenomeno e la costruzione di progetti di ricerca nel contesto nazionale e internazionale.
«L’Osservatorio – spiegano dall’Usi – punta anche a organizzare diverse attività di carattere formativo e divulgativo destinate, da una parte, a individuare le questioni problematiche di carattere sostanziale e processuale, offrendo al contempo possibili soluzioni in una prospettiva di riforma normativa e, d’altra parte, a promuovere nella popolazione, e soprattutto nei giovani, la conoscenza del tema e l’educazione alla legalità».
Alla presentazione di mercoledì 12 maggio a Lugano, c’era tutto lo stato maggiore dell’anticrimine svizzero e non è sfuggita una considerazione di Nicoletta della Valle, direttrice della Polizia federale, organo che coordina i Servizi Segreti della Confederazione, che ha lasciato senza parole: «Le mafie sono infiltrate nel settore privato e, come abbiamo potuto costatare, anche nell’amministrazione pubblica».
Il riferimento è a parenti di persone affiliate alla ‘ndrangheta che lavorano nel settore pubblico federale, cantonale e municipale. La responsabile per motivi di indagini non si è spinta oltre ma, certo, per un paese che non contempla nemmeno il reato associativo la notizia fa tremare i polsi. Simone della Ripa, La Prealpina