Il magistrato a capo della Direzione distrettuale antimafia, Alessandra Dolci, faccia a faccia con il figlio del boss Cataldo Casoppero. L’incontro a un dibattito sui clan a Lonate Pozzolo
Si è alzato dal fondo della sala dove per quasi due ore ha ascoltato in silenzio (o quasi) ogni singola parola pronunciata dall’ospite della serata. Ha attraversato il salone con passo deciso e al momento delle domande dal pubblico ha preso la sua scena. In piedi davanti al microfono, tshirt nera e la mano sinistra nella tasca dei jeans, ha esordito: «Buonasera, io sono Casoppero Antonio e sono il figlio di un indagato di Krimisa…». Davanti a lui, accanto al giornalista del Cittadino di Monza, Paolo Rossetti, il capo della Direzione distrettuale antimafia di Milano, Alessandra Dolci.
Il magistrato è stato invitato a Lonate Pozzolo per un incontro con i cittadini sulla mafia al Nord organizzato da diverse associazioni del territorio. Un luogo simbolo, quello del comune al confine con Malpensa, perché il 4 luglio di due anni fa ci sono stati 34 arresti per le infiltrazioni della ‘ndrangheta nel mondo politico e imprenditoriale. Blitz al quale erano seguite poi altre 11 misure cautelari nel settembre di un anno dopo. Come era già avvenuto con l’operazione «Bad Boys» del maggio 2009. Gli ultimi arresti sono nati dalle indagini coordinate proprio dal procuratore aggiunto Dolci. Tra gli arrestati anche il 69enne Cataldo Casoppero, padre del 42enne Antonio. Pochi giorni fa s’è visto confermare la condanna a 14 anni per associazione mafiosa nell’indagine «Krimisa» del Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano, coordinata dai magistrati Cecilia Vassena e Alessandra Cerreti. Cataldo Casoppero era considerato l’uomo di fiducia del capolocale Mario Filippelli e vicino ai boss della cosca Farao-Marincola di Crotone.
Dopo il blitz il figlio Antonio ha iniziato una serrata campagna social contro l’amministrazione guidata da Nadia Rosa attraverso la pagina Facebook «Sei di Lonate» dove i Casoppero boys, e molti sostenitori della Lega Nord, hanno preso di mira la sindaca e il «nemico» Modesto Verderio vice presidente della società partecipata Sap. Da qui moltissime accuse alla giunta e di complicità di Verderio con ambienti mafiosi (sempre smentiti dalle indagini). Situazione che ha creato un clima tesissimo.
Per questo gli organizzatori hanno voluto fortemente l’incontro con il capo della Dda Alessandra Dolci, magistrato che ha fatto della divulgazione con i cittadini e della presenza sul territorio — in aree a fortissima infiltrazione — un fondamento del suo mandato. A chiarire il clima che si è vissuto in questi anni bastano le prime parole pronunciate dal magistrato: «Ricordo che in occasione del precedente incontro, dieci anni fa, effettivamente eravamo quattro gatti. E la circostanza mi aveva particolarmente colpito perché non sapevo dare una esatta chiave di lettura dell’assenza della cittadinanza…».
Dolci ha raccontato le ultime frontiere dell’infiltrazione economica delle cosche: «Oggi la mafia non spara, non fa esplodere negozi e capannoni, ma fa fatture false, offre servizi e cerca il consenso sociale». Nel finale appunto, la comparsata di Casoppero junior che ha chiesto conto al procuratore delle domande dei pm al pentito Emanuele De Castro sulla sua conoscenza con Verderio. Impassibile la risposta del magistrato: «Escludo di aver fatto questa domanda, perché non so chi sia Verderio». Poi ha ricordato che «non siamo qua per parlare di queste vicende che vanno discusse in altre sedi». Dopo l’applauso un piccolo momento di tensione quando dalla platea hanno urlato a Casoppero «vattene, siediti». Parole non gradite dal 42enne che s’è poi sfogato via social: «Non sono pericoloso, né ndranghetista. Non ho nessun problema e nessuna paura a dire la mia e a rivolgermi anche alle più alte autorità». A fine serata il 42enne e i due amici che erano con lui hanno lasciato la sala guardati a vista dai carabinieri. Cesare Giuzzi, Corriere.it