C’è un nome che lega due inchieste molto distanti, anche dal punto di vista geografico, con personaggi politicamente agli antipodi. È il nome di Daniele Goglio, 53 anni, torinese di Settimo, faccendiere indagato per fatture false nell’ambito dell’inchiesta che il pm fiorentino Luca Turco ha coordinato sul business dei genitori di Matteo Renzi e che è in attesa dell’udienza preliminare come i parenti dell’ex primo ministro. Poi di Goglio si è parlato a lungo anche durante l’ultima udienza del processo Carminius sulle infiltrazioni della ‘ ndrangheta nel Torinese. È il processo in cui è indagato per voto di scambio anche l’ex assessore regionale Roberto Rosso, ma non è la politica che intreccia le due storie, quanto piuttosto sono gli affari che Goglio avrebbe gestito sia per i Renzi, nel mondo della cooperative, sia insieme ad Antonino Defina, presunto boss della cosca Bonavota di Carmagnola.
I business di Goglio e Defina spaziano in ambiti diversi, ma replicano un modello tipicamente usato dalle mafie per mettere le mani su aziende in crisi e usarle come lavatrici di denaro sporco. Lo avevano fatto per esempio con la società Golfone srl, con cui si erano insinuati sui green di mezza Italia, promettendo al titolare di una società in crisi di ripagare i suoi debiti. Ne avevano invece spolpato l’impresa, che era poi fallita.
Un approccio simile a quello riservato a Tiziano Renzi, imprenditore del settore della consegna pubblicitaria a domicilio, che incrocia sulla sua strada Goglio nel tentativo di salvare in extremis aziende in crisi. « Capisco che ti ho messo in una situazione di disagio — gli dice Tiziano Renzi — dimmi che cosa ti serve che io te lo giro, mi stai facendo un grandissimo piacere, devo trovare il modo di ricompensarti».
In realtà il « piacere » che avrebbe fatto Goglio al padre di Matteo Renzi è l’ennesimo caso di un sistema consolidato. In cui, in alcuni casi, si insinuano le mafie. Un’annotazione della finanza negli atti di Carminius nota come Goglio sia « collegato a diverse società fallite o comunque in difficoltà economica». «Defina ha riservato a Goglio un ruolo rilevante nella gestione delle società. Gli stessi hanno messo in pratica un sistema di fatturazioni incrociate tra le cooperative riconducibili a Goglio e le società riconducibili a Defina che, hanno permesso di distrarre da quest’ultime rilevanti risorse finanziarie » . Tuttavia Goglio ( che nel procedimento a Firenze è difeso dall’avvocato Vittorio Nizza) nell’inchiesta Carminius, coordinata dai pm Paolo Toso e Monica Abbatecola, non è indagato.
Forse perché i rapporti tra Defina e il commercialista non sono sempre rosa e fiori e Goglio è accusato di aver presentato una contabilità che avrebbe potuto far finire nei guai il cognato di Defina: « Lo metteranno all’Asinara, che riapriranno di nuovo per lui e buttano la chiave», si sente in una intercettazione. Defina si inalbera: « Se succede qualcosa a mio cognato lo ammazzo», dice al telefono. Abbaia, ma non morde e gli investigatori ipotizzano «che il livello di tolleranza mostrato da Defina nei confronti di Goglio, possa derivare dalla ipotizzabile contiguità passata con la famiglia Arone». Federica Crevero, Repubblica