Le interdittive antimafia colpivano le famiglie della cosca nel portafoglio. La Dda: cambiavano titolari e denominazioni alle aziende per sfuggire ai controlli
Sentivano di essere finiti nel mirino degli investigatori, ma non potevano permettersi di vedere sfumare gli affari. Il business prima di tutto, necessario come il pane a chi era approdato a Viadana da poveraccio e stava cominciando ad assaporare la bella vita.
E poi «quelle accidenti» di interdittive antimafia: il tasto “delete” che significa batosta. Non era cosa, proprio no. Ma la soluzione c’era, a portata di mano: un giochino facile facile, ma sempre di moda per sfuggire ai controlli e guadagnare tempo. Soldi imboscati e ripuliti. E di chi, più della famiglia, ci si poteva fidare? Di teste di legno, prestanomi, a cui intestare nuove società, con nomi diversi, ma con lo stesso pugno di ferro dietro. Pr trasporti, Sg transport, Viadana immobiliare e Feril srl: aziende apparentemente pulite, dietro le quali c’erano sempre loro, le famiglie Pugliese e Riillo, considerate dagli investigatori delle Dda di Brescia e di Catanzaro affiliate alla cosca di ’ndrangheta degli Arena Nicoscia di Isola di Capo Rizzuto che nel Viadanese, come ricostruisce l’inchiesta “Gemelli”, ha messo radici.
Tra i 19 indagati per associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori, tra cui l’ex assessore viadanese ex Pd Carmine Tipaldi,- che si chiama fuori, sicuro di chiarire al più presto la sua posizione -, figurano infatti sia i prestanome che i veri burattinai delle quattro società, visitate nel blitz di mercoledì mattina da Squadra Mobile e Fiamme Gialle, forti del decreto urgente di sequestro preventivo emesso dalla Dda, per cui si attende la convalida del Gip di Brescia nelle prossime ore.
Il meccanismo seguiva regole precise. Un esempio? La Riillo srl riceve l’interdittiva antimafia della Prefettura nel marzo 2015. Pasquale e Francesco non stanno con le mani in mano: in luglio creano la Pr trasporti, con sede in via Nobis, intestandola al nipote Pietro e alla moglie di Francesco, Eleonora Ventura. «Una naturale prosecuzione dell’azienda» scrive la Dda. Se ne accorge anche la Prefettura, che nel marzo di due anni dopo rigetta l’istanza di iscrizione nella white list, e loro cosa fanno? Via Eleonora e resta solo Pietro, ancora immacolato. Per poco: così nel 2019 trovano il prestanome, Girolamo Masella. Stesso giochetto con la Sg transport di via D’Azeglio che finisce, ovviamente solo sulla carta, nelle mani di un altro prestanome. Idem il copione con la Viadana immobiliare, la ditta di via dei Pioppi 11
Fatture false per far girare il denaro, scritture contabili distrutte per non consentire la ricostruzione del giro d’affari, motrici e rimorchi fatti sparire per evitarne il pignoramento: la pratica dell’illegalità fatta regola di vita, sostengono gli investigatori, che hanno sequestrato alle società beni e mezzi per un milione e mezzo di euro. Viadana era quasi una loro riserva di caccia, dove poter commettere reati nella più totale impunità, forti del nome della fama criminale degli Arena. L’esempio emblematico, per la Dda, è la “spedizione” di Michele Pugliese in un appartamento di sua proprietà sequestrato nell’ambito di una grossa operazione antimafia, la “Zarina”: l’inquilino ha denunciato le minacce a cui era stato sottoposto per convincerlo a pagare l’affitto a lui e non allo Stato. Rossella Canandè, La Gazzetta di Parma