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Indagine Golgota, i nuovi assetti dei clan di Isola Capo Rizzuto e il referente al Nord

Posted on Febbraio 10, 2021Febbraio 11, 2021

L’indagine “Golgota” che ha portato stamane all’arresto di 36 persone legate alle cosche Arena e Nicoscia di Isola Capo Rizzuto e Mannolo di San Leonardo di Cutro, nasce in seguito all’attività investigativa dell’inchiesta “Tisifone” che a dicembre 2019 portò all’arresto di 23 persone legate alle consorterie di Isola Capo Rizzuto e Petilia Policastro. 
Con i vertici della cosca Arena in carcere, Antonio Nicoscia, classe ’77, figlio di Pasquale Nicoscia detto “Macchietta”, e Salvatore Capicchiano, subito dopo la loro scarcerazione, si sono attivati per riprendere il controllo del territorio, entrando in conflitto tra loro. 

Per rimpolpare le file della mala crotonese sono stati fatti anche dei “battezzi”, riti di affiliazione per Santo Claudio Papaleo, Antonio Nicoscia, classe ’87, e Francesco Macrillò, avvenuti il 26 maggio 2018. Il rito di affiliazione è stato presieduto, da Rosario Curcio, pregiudicato, classe ’60, e si è concluso con un pranzo a base di pesce. Papaleo portava in copiata i vertici delle cosche isolitane e cutresi, tutti detenuti, che si facevano garanti della sua appartenenza alla cosca: Giuseppe Arena detto “Pino Tropeano”, Franco Gentile, Paolo Lentini detto “Pistola”, Ernesto Grande Aracri e Domenico Nicoscia. Qualche mese dopo, a settembre, Papaleo riceve la dote di camorrista mentre viene affiliato, su disposizione di Antonio Nicoscia, classe ’77, Gianfranco Calabretta. 
Il nuovo assetto criminale così costituito aveva il compito di riprendere il controllo del traffico di droga a Isola Capo Rizzuto, Le Castella e Crotone.

Al vertice della cosca Arena emerge la figura di Salvatore Arena detto “Caporale”, figlio del boss Carmine Arena e nipote del capostipite Nicola Arena. È lui, ad esempio, il punto di riferimento per dirimere le controversie. È lui che ad agosto 2019 indice una riunione per risolvere un litigio tra Domenico Riillo e persone di Cirò legate a Giuseppe Spagnolo detto “u bandito” elemento di vertice della cosca Farao-Marincola.
Uomo di fiducia di Salvatore Arena è Martino Tarasi, rappresentante della cosca nella provincia di Bergamo, il quale si era assunto il compito di provvedere al sostegno della famiglia di Salvatore Cappa, detenuto per l’operazione Aemilia. Tarasi provvedeva alle spese legali e non solo: acquistava immobili a Cutro, di proprietà di Salvatore Cappa, sottoposti a esecuzione immobiliare, per fare in modo che rientrassero in possesso del proprietario originario….. da Riti di affiliazione e sete di sangue, la rabbia dei clan Crotonesi, di Alessia Truzzolillo su Corriere della Calabria

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