Le rivelazioni al processo Carminius contro le cosche calabresi gettano nuove ombre sullo scandalo delle coop che ha travolto i genitori dell’ex premier
Il mago torinese delle cooperative, Daniele Goglio, imputato nel processo di Firenze insieme ai genitori di Matteo Renzi per le bancarotte fraudolente delle cooperative di volantinaggio, aveva osato raggirare e sfidato apertamente il boss di Carmagnola Antonino Defina, pochi anni prima, facendogli sparire sotto il naso centinaia di migliaia di euro.
E il boss era stato costretto a rivolgersi agli Arone, altra famiglia del clan vicino ai Bonavota di Vibo Valentia, per far sentire le proprie ragioni, confidando nella frequentazione che avevano con Goglio almeno dal 2012, quando venivano intercettati dalla squadra mobile di Milano in affari insieme per portare a termine una truffa all’assicurazione di auto fatte sparire e rivendute all’estero.
Chi è allora l’uomo che nel 2017 aiuterà Tiziano Renzi a liberarsi di una delle sue cooperative per la consegna porta a porta di volantini, la Marmodiv, allo scoppiare dello scandalo che travolge la famiglia dell’ex premier di Rignano sull’Arno? Goglio, che è difeso dall’avvocato Vittorio Nizza, è finito anche lui nel processo del pm Luca Turco, partito dal fallimento della Delivery Service Italia ed esteso ad altre due società riconducibili, secondo l’accusa, a Tiziano Renzi e Laura Bovoli.
Amministratore di fatto di Marmodiv, con sede in corso Massimo D’Azeglio a Torino, Goglio il 23 maggio 2018 scende a Firenze per dare una mano agli amici toscani in difficoltà e lì riceve incondizionata riconoscenza. “Sono andato su dal mio amico, proprio lui (Tiziano Renzi, ndr) ok? – dice – E vabbè, è stato gentilissimo, mi ha detto ‘ti ringrazio, ti sei preso un onere grandissimo, mi stai facendo un grande… so che sei esperto, non combinare casini, perché se mi viene fuori un casino anche lì ti lascio immaginare come può andare a finire per me e per mia moglie’ “.
Che l’esperto di cooperative non sia un dilettante alle prime armi si evince chiaramente dalle carte fiorentine, ma la sua storia sembra partire ben più lontano e il luogo in cui lo ritroviamo a Torino, in queste settimane, getta su di lui un’ombra inquietante anche se ufficialmente non è coinvolto nelle imputazioni. Siamo al processo Carminius, aula bunker delle Vallette, dove sono finiti sotto accusa dei pm della Dda Monica Abbatecola e Paolo Toso, gli uomini del clan di Carmagnola vicini ai Bonavota, Arona (difesi da Roberto Macchia e Frediano Sannersi) e Defina (difeso da Giuseppe Caprioli).
Al banco degli imputati siede anche un politico, l’unico, accusato di voto di scambio politico mafioso, ma con Renzi non ha nessun legame perché è l‘ex assessore regionale di Fratelli d’Italia Roberto Rosso (difeso da Giorgio Piazzese). Avrebbe incautamente affidato la raccolta dei voti alle Regionali a gente del clan, Onofrio Garcea e Francesco Viterbo.
L’elemento che invece unisce idealmente i procedimenti di Firenze e Torino è il professionista delle cooperative, Goglio, che non solo è in affari con Raffaele Arone almeno dal 2012, ma che a un certo punto della vicenda riesce persino a beffare Antonino Defina, portandosi via dalle società in condivisione diverse centinaia di migliaia di euro.
E’ il maresciallo della Guardia di Finanza Valerio Salustri a ricostruire in aula la rete di legami. Nel 2015, non si sa bene come, Antonino Defina e Goglio si ritrovano soci. In particolare il professionista percepisce redditi da quasi tutte le società di gestione del boss e i finanzieri registrano numerosi movimenti bancari tra i due. “Omnia Service, New Omnis per esempio – spiega il maresciallo – sono cooperative che utilizzavano Goglio e Defina per creare un fondo nero con l’evasione, attraverso indebite compensazioni, certo non versando contributi, non versando le imposte e quant’altro”. Tra il 19 marzo e il 30 dicembre 2014 l'”Omnia Service Italia” dispone 28 bonifici bancari che hanno Goglio quale beneficiario: i giustificativi sono rimborso spese, compenso accordo commerciale, compenso mensile. Il totale fa 192.348 euro.
A gennaio 2015, poi, entra il business della gestione dei campi da golf in varie località italiane, da Villa Paradiso (Monza), a Rimini, a Jesolo. L’attività è in capo alla società “Golfone” di Defina attraverso la “New Omnis Opera”, società collegata al consorzio Isp, dove Goglio si muove con disinvoltura. Ma il sistema è identico all’affare del volantinaggio e a quello dei resort di Mario Burlò, patron di “OjSolution” anche lui a processo in Carminius. Tutti i dipendenti dei vari campi da golf vengono trasferiti nella compagine della “New Omnis”, società cooperativa.
“In poche parole queste cooperative somministrano manodopera alle società riducendo i costi di gestione della società di Defina – spiega il maresciallo – e dirottandoli sulla cooperativa New Omnis che attraverso una serie di artifici fiscali evade le imposte, non paga i contributi e crea un fondo nero che poi esce e va a finire direttamente ai soggetti che gestiscono occultamente la società”.
Ma le cose non sono rose e fiori molto a lungo, e gli inquirenti nel 2015 registrano un’incrinatura nei rapporti. “E’ allora che Defina contatta Francesco Arone per risolvere la questione” spiega il maresciallo Salustri. Il 30 dicembre 2015 racconta al telefono che Daniele Goglio mentre gestiva direttamente sia la “Omnia Service” sia la “Integrated” creava sulla carta mediante utilizzo di documentazione falsa un credito di 527mila euro. Viene fuori che avendo ottenuto carta bianca “ha tenuto una contabilità parallela”.
“Perché il Goglio ha continuato a farsi la contabilità, hai capito il bastardo?”, commentano gli altri al telefono. Un credito per 471mila euro al 31 dicembre 2014, al 31 agosto sono 271mila, “vuol dire che 200mila euro in questi otto mesi li ha presi. Dove li ha messi la merda?”.
Daniele Goglio nel processo Carminius appare come una meteora perché nonostante questi evidenti legami societari con Defina la procura di Torino non gli contesta alcun reato. Sembra piuttosto un prestigiatore, un “mago” capace di far sparire il denaro e poi sparire lui stesso, come racconta il maresciallo della finanza quando ripercorre i numerosi tentativi andati a vuoto di rintracciarlo quando i rapporti sono ormai tesissimi ed è partita la resa dei conti.
Certo però la sua abilità è così evidente che solo un anno dopo sarà Tiziano Renzi (difeso da Federico Bagattini e Stefano Bagnera) a rivolgersi a lui per Marmodiv. Glielo presenterà un imprenditore ligure e amico comune, Mariano Massone, difeso da Luca Gastini a Firenze dove il processo in dibattimento si aprirà il 1° giugno. A Cuneo è rimasto un pezzo dell’intera vicenda delle cooperative, quello legato alla Direkta srl di Mirko Provenzano, per il quale l’avvocato Fabio Pantalone è riuscito a ottenere una condanna (tra abbreviato e patteggiamento) inferiore ai due anni.
La madre di Matteo Renzi, Laura Bovoli, in questo filone è accusata di aver partecipato alla bancarotta con quattro note di credito fasulle, secondo l’accusa del pm Attilio Stea, del valore di 80mila euro. Il 7 aprile avrebbero dovuto cominciare i testi delle difese ma poiché un imputato è risultato positivo al Covid l’udienza è saltata. Ottavia Giustetti, Repubblica