La richiesta, trasmessa dal gip di Bologna a palazzo Madama nell’agosto del 2019, riguarda l’accusa ipotizzata nei confronti di Giovanardi nell’ambito dell’inchiesta Aemilia, che avrebbe cercato di condizionare l’attività dell’organo collegiale, incaricato di valutare la trasparenza e l’affidabilità delle imprese coinvolte nella ricostruzione post sisma
Dopo una lunga battaglia – con un passaggio anche alla Consulta – è arrivato il via libera del Senato, con 219 voti a favore, 13 contrari e 2 astensioni, per l’utilizzazione del testo di una intercettazione telefonica e dei tabulati di conversazioni di terzi, nelle quali compaiono contatti con il senatore Carlo Giovanardi. La richiesta, trasmessa dal gip di Bologna a palazzo Madama nell’agosto del 2019, riguarda l’accusa ipotizzata nei confronti di Giovanardi nell’ambito dell’inchiesta Aemilia, che avrebbe cercato di condizionare l’attività dell’organo collegiale, incaricato di valutare la trasparenza e l’affidabilità delle imprese coinvolte nella ricostruzione nelle zone colpite dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012 nelle province di Modena, Mantova, Ferrara, Rovigo e Bologna. L’ex senatore è stato rinviato a giudizio per minacce a corpo politico, amministrativo e giudiziario, rivelazione di segreti d’ufficio e minacce e oltraggio a pubblico ufficiale per le presunte pressioni, nel 2016, su alcuni funzionari della prefettura e del gruppo interforze che dovevano decidere sulla ‘white list’, la lista delle imprese autorizzate a lavorare negli appalti pubblici per la ricostruzione post terremoto in Emilia.
Il caso sul quale si era concentrata l’attenzione degli investigatori è quello riguardante l’azienda Bianchini, i cui titolari sono stati condannati nel maxi-processo Aemilia sulla ‘ndrangheta in Emilia-Romagna. La Bianchini Costruzioni, ditta leader nel settore edile in tutta la regione e non solo, a metà 2013 era stata esclusa dalla white list della prefettura di Modena proprio per i sospetti che avesse legami con uomini vicini al clan dei Grande Aracri di Cutro, in Calabria. Così Alessandro Bianchini, figlio del patron della ditta, Augusto, apre così una sua azienda, la Ios che secondo la Dda di Bologna era solo un modo per aggirare l’interdittiva. Ma la Prefettura sospetta che dentro la Ios ci sia la partecipazione di Augusto Bianchini e non la ammette alle liste.
È a questo punto che, secondo chi indaga, entra in gioco Giovanardi, che sostiene di aver agito nelle sue prerogative di parlamentare, per cercare di far inserire le aziende nella lista di quelle che possono svolgere i lavori di ricostruzione. Dalle registrazioni effettuate dallo stesso Bianchini, si sente l’ex senatore spiegare di aver discusso con l’allora prefetto e con l’allora questore e di avere chiesto ragioni del perché anche l’azienda di Alessandro Bianchini stia avendo dei problemi: “Gli ho detto à la guerre comme à la guerre. Io su questa roba faccio tutta una interrogazione con tutti i passaggi, eh? Con Bianchini… io se fossi in lui… verrei qua con la rivoltella e vi ammazzo tutti… vi rendete conto che state facendo delle robe… folli!… folli!!”. Poi spiega di essere pronto a fare tutti i passaggi parlamentari necessari, ma non sa che i due sono già sotto inchiesta da parte della Dda di Bologna. “Era mio dovere intervenire – ha spiegato successivamente –, poi mi fermo davanti alle inchieste penali perché le interdittive sono solo atti amministrativi”. Secondo la Dda di Bologna, dagli incontri di Giovanardi con i Bianchini e i pubblici ufficiali emergeva che l’ex senatore chiese ed ottenne un incontro in un locale pubblico con il colonnello Stefano Savo, Comandante Provinciale, e con il tenente colonnello Domenico Cristaldi, Comandante del Reparto Operativo, “nel corso del quale apertamente minacciava i due ufficiali e ne offendeva il decoro” chiedendo i motivi della loro posizione contro i Bianchini e “chiaramente pretendendo un cambio della predetta posizione”. Il processo a carico di Giovanari è stato però sospeso lo scorso gennaio su richiesta della difesa perché fosse il Senato a decidere che quanto contestato fosse legato ad un’attività svolta da senatore e come senatore. E i giudici hanno deciso di rinviare gli atti al Senato. ilfattoquotidiano.it