Francesco “Ciccio” Riitano giocava su mille tavoli. In tutto il mondo. Dalla Nuova Zelanda all’Inghilterra. Dal Brasile alla Turchia. Unico argomento: la cocaina. Del resto, che il quarantunenne calabrese trapiantato ad Arluno fosse un broker della droga di primo livello lo avevano già scoperto i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano con l’operazione Area 51: l’inchiesta aveva svelato il progetto del clan Gallace di Guardavalle di usare le carlinghe degli aerei come nascondiglio di stupefacenti e soldi, sfruttando la complicità di un tecnico di stanza a Malpensa. Il blitz era andato in scena il 23 maggio 2017 e aveva portato all’esecuzione di 21 ordinanze di custodia cautelare. Solo uno dei destinatari era riuscito a evitare la cattura: Ciccio Riitano. Una latitanza durata più di due anni, fino al blitz del 21 agosto 2019 a Giardini Naxos, in provincia di Messina: in vacanza con la famiglia nella nota località balneare siciliana, provò a scappare lanciandosi dal primo piano, ma finì in braccio ai militari. Ora si scopre che 21 giorni prima che scattasse la retata del 2017 Riitano stava aspettando un carico di coca da 200 chili salpato dalla colombiana Cartagena a bordo della portacontainer Fleur N e diretto a Livorno (con tappa intermedia in Spagna ad Algericas).
Un carico che non arrivò mai a destinazione, perché il mare grosso lo allontanò dal punto di recupero concordato, e che fu ritrovato e sequestrato su una spiaggia toscana il 5 maggio. La spedizione, emerge da un’indagine della Dda di Catanzaro che si è chiusa con 20 arresti, fu preceduta da settimane di contatti tra gli emissari della ‘ndrina jonica per recuperare i soldi da versare ai fornitori della mega partita di “bianca” sudamericana. Quelle conversazioni erano coperte da un complesso software Pgp di criptazione, con account e indirizzi mail custoditi in un server di San Josè.
Nel novembre del 2017, la Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore Nicola Gratteri ha avuto notizia che parte dell’archivio costaricano era stata acquisita dalla magistratura olandese per un’altra inchiesta: grazie a quelle informazioni, i pm sono riusciti a ricostruire a ritroso che i 200 chili arenati su un’anonima battigia erano destinati proprio al clan di Guardavalle. Ieri è scattato il blitz: nel mirino Riitano, già in cella, Cosimo Damiano Gallace (fratello del boss Vincenzo con nome in codice Rolex) e i luogotenenti della cosca in Lombardia Agazio Andrea Samà, Nicola Guido e Benito Riitano.
Le indagini, che hanno passato al setaccio tutte le mail che i componenti dell’associazione a delinquere si scambiarono in quei giorni, hanno accertato che il gruppo criminale noleggiò a 50mila euro un’imbarcazione a La Spezia per ripescare al largo i borsoni tenuti a galla da boe. Il summit decisivo si tenne a Vittuone, a casa di Benito Riitano, che nei giorni precedenti, su indicazione dello zio Francesco, si era occupato di spostare “ingenti somme di denaro” e di recuperare “alcuni crediti” in giro per l’Italia. La banda aveva un complice sulla nave, il “marinaio”, che aveva il compito di buttare in mare il carico dopo la ripartenza della Fleur N da Livorno; poi ci avrebbero pensato Emanuele Fonti (braccio destro di Riitano) e uno skipper arrivato da Roma a recuperare la coca. Un piano curato nei minimi dettagli, ma che naufragò per una serie di inconvenienti. “Si sta gonfiando il mare, mi sa che tornano”, il messaggio che certificò il fallimento della missione, giunto sul Blackberry di Riitano alle 0.45 del 3 maggio. Nicola Palma, Il Giorno
Droga dalla ditta di banane (sulla carta) e il carico tra Olanda e Spagna: il business dei Gallace
Oltre mille chili di cocaina in arrivo dalla Colombia con il “capitano” compiacente e “l’ottica industriale” del clan di ‘ndrangheta
«Si amico, 500 e 500 in Olanda (…) non lo fate rilassare.. mi fa uscire pazzo a comprare materiale e poi si rilassa e non manda niente (…) Questa va con 2.500 più o meno non completo 3.000 non faccio in tempo amico un trasporto e in ritardo e non faccio in tempo a impaccarlo tutto…». Sono le raccomandazioni di Francesco Riitano che, in una conversazione captata dagli inquirenti, spiega all’interlocutore di tenere la situazione sotto controllo per evitare sorprese sgradite. Riitano è finito in carcere nell’ambito dell’inchiesta “Molo 13” coordinata dalla Dda della Procura di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri e, secondo gli inquirenti, curava per il clan di ‘ndrangheta dei Gallace le transizioni di ingenti carichi di droga da porti sudamericani ed europei.
Il carico di coca dall’azienda di banane
E, proprio nella conversazione captata dagli inquirenti, Riitano – secondo l’accusa – fa riferimento ad un ingente carico di droga (cocaina) dal valore di poco più di un milione di euro giunto in Olanda. Nella stessa conversazione del 27 maggio 2016, è Leonardo Ferro, altro collaboratore finito anche lui in carcere, a fornire ad un altro soggetto la ragione sociale di una ditta colombiana, la “Citropical”, che, sulla carta, si occupava esclusivamente del trasporto di banane ma che già aveva subito negli ultimi anni due sequestri per un totale di 4.100 kg di cocaina nel porto di Anversa, grazie ad un blitz coordinato dalla Dea, l’antidroga statunitense.
L’ottica “industriale”
«Tutto ok amico. Sto ricevendo 300 che sono arrivati ora così li impaccano. Vado a mangiare qualcosa e alle 7 mi cambio e vado verso il pantano a caricare lo scafo amico.. saranno 2.500 non di più». Dell’affare illecito, così come si legge nell’ordinanza firmata dal gip del Tribunale di Catanzaro, Gabriella Logozzo, è ancora Ferro a discuterne via chat con Mario Palamara, latitante e anche lui fra le persone arrestate nel blitz, in una conversazione – sottolineano gli inquirenti – particolarmente disinvolta, nonostante le tematiche trattate. «Mizzica amico pare che avete detto 25 grammi hahaha ora siamo entrati in ottica industriale hahaha mannaggia la miseria». La conversazione dei due prosegue fino alle prime ore del 28 maggio 2016, con ancora Ferro che fa riferimento ad una spedizione di 400 kg arrivata a Valencia, in Spagna, il fine settimana. «Amico se ci sono casse in posizione facciamo Valenzia fine sett gia stiamo organizzando per avere i 400 pronti».
Il carico “live”
Anche il giorno successivo prosegue il fitto scambio di messaggi tra Ferro e Riitano con il primo che fornisce in tempo reale tutte le informazioni della spedizione e i dettagli: «Qui sulla barca ho 454 pacchi. 23 borsoni 22 da 20 e una da 14 pacchi… tutte da 20 solo una è differente che è da 14 pacchi!». «Ok amico – risponde Riitano – Ma già sulla barca quanto ci sono?». «320 primo. Secondo 1000. Oggi 540 più a bordo qua ho 454».
Il “capitano” compiacente
«Ditelo al capitano il totale che c’è e di guardare i marinai k nn rubano». Da quest’altro messaggio intercettato, per gli inquirenti è chiaro come dell’affare illecito e dell’ingente trasporto di cocaina ne fosse a conoscenza anche il capitano della nave merce e anche qualche membro compiacente dell’equipaggio. Una volta sbarcati, infatti, sarebbero stati loro a gettare i borsoni carichi di droga in mare. «Tutto perfetto.. domani solo manca mandare delle boe e una radio in più».
L’arrivo del container
È il 30 maggio 2016 e i due continuano a discutere del carico di droga in una chat captata, ancora, dagli inquirenti. I due parlano di un incontro imminente di Ferro con un altro soggetto di Cartagena, città portuale della Colombia, per poter delineare gli ulteriori aspetti del relativi al carico e alla spedizione in corso e alle modalità scelte, con l’utilizzo di un container, per poi procedere con lo scarico in territorio italiano. «Ieri ho parlato con lui di questo. Gli ho detto che oggi organizzavo una riunione con la persona di Carta. Una arriva giorno 1 sono 3 navi in tot. Non c’è tanta merce la solo abbiamo 400 ora vedo bene come farlo e se facciamo in tempo amico» Giorgio Curcio, Corriere della Calabria