Il libro ci fa immergere nel mondo dei beni confiscati alla mafia, enorme patrimonio di ricchezze accumulato dai clan mafiosi attraverso le loro attività e che, grazie alla legge 109 del 1996 approvata a seguito di una proposta d’iniziativa popolare voluta da Libera e al loro riutilizzo sociale, sono restituiti alla comunità.
La punta dell’iceberg della loro cattiva gestione, della chiusura di aziende confiscate alla mafia, della speculazione economica da parte degli amministratori nominati, si può considerare il cosiddetto “caso Saguto” e il suo “cerchio magico”, dal nome dell’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo Silvana Saguto condannata a otto anni e sei mesi di carcere. Comminati, inoltre, sette anni e sei mesi all’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, il “re” degli amministratori giudiziari, sei anni e dieci mesi per l’ex professore della Kore Carmelo Provenzano etre anniper l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo. Si tratta di condanne pesanti per il “cerchio magico” che ruotava attorno a Silvana Saguto, definita come la giudice più potente dell’antimafia fino a cinque anni fa.
Una vicenda che ha portato allo scoperchiamento di un pentolone al quale si abbuffavano senza ritegno giudici, avvocati, cancellieri, amministratori giudiziari, periti, collaboratori, parenti, amici vari, docenti universitari, commercialisti, prefetti, generali e militari vari, e un indistinto altro numero di persone sempre attente a dividersi briciole e piatti succulenti d’imprenditori ai quali si faceva presto ad affibbiare l’etichetta di mafiosi per procedere al sequestro dei loro beni.
In realtà, in Italia nove aziende confiscate alle mafie su dieci falliscono. Difficilmente si sente parlare di gestione virtuosa durante la gestione dei commissari incaricati della gestione dei beni confiscati e, soprattutto, si dimentica spesso di analizzare proprio questi casi per poter capire come sia possibile rispristinare la legalità pur rimanendo all’interno delle logiche di mercato in cui si muovo le aziende.
La storia dell’azienda di trasporti catanese Geotrans è eccezionale per questo, perché dimostra che è possibile spezzare lo schema in base al quale la fine più probabile di un’azienda tolta alla criminalità organizzata è la chiusura.
“La legalità viaggia con le aziende confiscate”. È questa la scritta che campeggia sui mezzi Geotrans, sottratta alla mafia nel 2014 e oggi virtuoso esempio d’impresa sana e vitale. Un traguardo raggiunto grazie al coraggio di chi, come Luciano Modica, indossando i panni di amministratore giudiziario, poi amministratore unico e oggi presidente del consiglio di amministrazione dell’attuale forma societaria cooperativa, ha lottato contro la chiusura che inizialmente pareva inevitabile. Ma anche grazie alla lungimiranza dell’allora presidente CNA Fita, Cinzia Franchini, che ha visto prima di altri le metastasi mafiose anche all’interno delle associazioni di rappresentanza; e grazie alla scommessa di una grossa realtà imprenditoriale cooperativa – Coop Alleanza 3.0 – che ha teso la mano a un’impresa appena liberata dai tentacoli della criminalità organizzata affidandole una grossa fetta di lavoro, diventandone la principale cliente. Siciliaogginotizie