La conclusione dei giudici è che “non emerge prova incontrovertibile del reato contestato”, concorso esterno in associazione mafiosa
Sono state depositate le motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Appello di Bologna ha assolto Giuseppe Pagliani dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
All’inizio del 2012 Giuseppe Pagliani aveva deciso di accettare “un temporaneo percorso comune” con la cosca Grande Aracri, convinto che un accordo “avrebbe portato vantaggio ad entrambe le parti”; ma in seguito si sottrasse a quel patto e non prestò “un concreto ausilio agli interessi della cosca”. O almeno non è “emersa prova piena di una condotta concorsuale” da parte di Pagliani, che per questo deve essere assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. E’ questo, in sintesi, il nucleo centrale delle motivazioni della sentenza pronunciata il 23 dicembre scorso dalla Prima Sezione della Corte di Appello di Bologna.
I giudici passano in rassegna l’intera vicenda. Molta attenzione viene dedicata a una domanda cruciale: quando si proponeva come portavoce di soggetti in odore di mafia, il capogruppo del Pdl in Provincia sapeva con chi aveva a che fare? La risposta della Corte è: sì, lo sapeva. Quando il 2 marzo 2012, scrivono i giudici, Pagliani “si presentava presso lo showroom in uso ai Sarcone e qui trovava Nicolino e Gianluigi, era sicuramente consapevole della caratura criminale di costoro”. La sentenza cita un servizio di Tg Reggio del 15 aprile 2011 sull’interdittiva antimafia della Prefettura contro la Bacchi di Boretto in cui si faceva riferimento a Nicolino Sarcone come capo della cosca a Reggio. “Non è pensabile che Pagliani – scrivono i giudici – ignorasse tale servizio”, tanto più che lui stesso aveva criticato il provvedimento del Prefetto De Miro.
L’accordo tra i Sarcone e l’esponente del centrodestra, si legge ancora, era “funzionale agli interessi di entrambe le parti, nella consapevolezza del politico che una delle parti era la ‘ndrangheta”. Ma in quella fase Pagliani aveva “consapevolmente scelto di far coincidere la propria battaglia politica con quella” della cosca. Parole molto severe, seguite però da una considerazione di segno opposto: a partire dal maggio 2012 Pagliani “intendeva sottrarsi all’accordo stipulato” e nel marzo 2013 “ogni legame con la cosca si era rotto”. La conclusione è che “non emerge prova incontrovertibile del reato contestato”, per cui Pagliani deve essere assolto per non aver commesso il fatto.
Il commento integrale dell’avvocato Giuseppe Pagliani
Con grande soddisfazione ho appreso il contenuto delle motivazioni relative alla sentenza della Prima Sezione della Corte di Appello di Bologna che, il 23 Dicembre scorso, mi ha assolto per non avere commesso il fatto nel procedimento penale che mi ha accompagnato negli ultimi 6 anni della mia vita.
Quanto motivato dai giudici rispecchia quello che ho sempre sostenuto, ovvero di non essere mai stato in alcun modo la sponda politica e mediatica di un’associazione criminosa di stampo mafioso.
La Corte di Appello infatti attesta che non vi è alcuna prova di un mio apporto fattivo all’attività dell’ associazione criminale in questione e che io, oltre a non aver mai accettato di sottoscrivere né conseguentemente onorato alcun accordo con qualsivoglia consorteria mafiosa, non ne ho mai ricevuto in cambio favori di sorta.
Ad ulteriore riprova di quanto sopra esposto i Giudici della Corte d’Appello riconoscono che nei confronti del Prefetto De Miro ho sempre tenuto una condotta corretta e non mi sono mai mosso strumentalmente per delegittimare il suo operato allo scopo di favorire la ndrangheta, anzi, ho sempre sostenuto il suo lavoro.
Quello che in questa sentenza viene sottolineato con decisione dalla Corte d’Appello è la mancanza totale dell’elemento oggettivo del reato e l’ assenza di prove attestanti una condotta penalmente rilevante del sottoscritto.
Io dei commensali alla cena del 21 marzo conoscevo Paolini e Brescia considerati insospettabili dalla Corte di Appello, non corrisponde al vero l’interpretazione della Corte che ipotizza una mia conoscenza della caratura criminale di Sarcone, di cui il sottoscritto ne censura violentemente l’operato in occasione del Consiglio provinciale del 28 marzo 2013.
Cosi come l’ordinanza del Tribunale del Riesame ed il GUP nel giudizio di primo grado, anche la Corte d’Appello ha attestato la mia totale estraneità a questo reato.
Già 9 testimoni avevano rappresentato la mia piena innocenza nelle udienze svoltesi nell’estate del 2020 presso la Corte d’Appello di Bologna.
So che nessuno potrà restituirmi il tempo perso e la sofferenza subita a causa di un giogo che mi ha inutilmente e indebitamente tolto serenità ed energie per 6 lunghissimi anni.
Rimane il piacere per avere per l’ennesima volta la conferma del fatto che sebbene le persone per bene possano essere perseguitate per anni ed accusate ingiustamente, arriva sempre il momento in cui il bene vince.
Questo è quel momento, che io dedico in primis a mio padre Sandro, scomparso due anni e mezzo fa, a mia mamma Anna ed alle tante persone che mi sono state vicine in questi anni difficili. Gabriele Franzini, Reggionline